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n. 11 – aprile 22, Teatro

Out-Off a Milano. Memorie di un inizio

Antonio Syxty, Jack & Jackie, rassegna Due interventi di ricerca nel teatro, Out-Off, Milano 14 settembre 1979. Foto di Fabrizio Garghetti. Courtesy Archivio Out-Off, Milano.

In accordo con la scelta tematica del n. 11 di «Sciami|ricerche», dopo una breve ricognzione dei rapporti tra riviste di teatro e luoghi di produzione e fruizione, abbiamo scelto di proporre un esempio storico di tale rapporto con la riproposizione di un articolo firmato da Mino Bertoldo e Miriam Leone nel 1981 presente nella rivista «La Scrittura Scenica/Teatroltre», diretta da Giuseppe Bartolucci ed edita da Bulzoni. Ringraziamo Mino Bertoldo, l'Archivio Out-Off di Milano e l'editore Bulzoni di Roma.

Luoghi e riviste.

(a cura di Daniele Vergni)

Le riviste e i luoghi di produzione e distribuzione teatrale e performativa non sembrano aver avuto in passato un rapporto proficuo. Ad una prima ricognizione svolta su un campione limitato agli anni 1967-1981 il concetto di luogo viene evocato più spesso in riferimento alle architetture oppure ai contenuti di singoli spettacoli o di performance nelle rassegne1. Uno dei primi esempi di presentazione o analisi dei luoghi di produzione e/o distribuzione è stato il servizio pubblicato nel 1971 in «Sipario» sulle cosiddette “cantine romane”, curato da Liliana Madeo-Giovanni e Lombardo Radice, una prima ricognizione sui molteplici spazi alternativi del Nuovo Teatro che tra gli anni Sessanta e primi anni Settanta invadono sotterraneamente la scena della capitale2.

Un altro esempio storico a noi più vicino nel tempo è la ricognizione sui primi anni di attività del Out-Off di Milano, spazio di produzione e distribuzione della performance art, delle sperimentazioni sonore e del teatro di ricerca, aperto nel 1976 da Mino Bertoldo in una cantina di viale Montesanto e tutt’oggi attivo3. L’articolo, firmato da Mino Bertoldo e Miriam Leone è ospitato nel numero 23 del 1981 della rivista «La Scrittura Scenica/Teatroltre», diretta dal critico Giuseppe Bartolucci ed edita da Bulzoni. Nei secondi anni Settanta l’Out-Off ha rappresentato uno dei principali luoghi in cui praticare la performance assieme al Beat 72 di Roma e a Sixto/Notes, sempre a Milano. Un «laboratorio permanente»4, come l’ha definito Mino Bertoldo, un luogo internazionale di pratiche disallineate che ha fatto incontrare agli spettatori milanesi Hermann Nitsch – il giorno inaugurale –, Otto Mühl, il Gruppo Zaj di Juan Hidalgo, Walter Marchetti e Esther Ferrer, John Cage, dove ha debuttato il gruppo Taroni-Cividin e dove hanno agito Il Carrozzone, Dal Bosco-Varesco, Alvin Curran, Franca Sacchi, Helmut Schober, Heinz Cibulka, Demetrio Stratos, solo per ricordarne alcuni. Accanto alle date distributive negli anni si assommano progetti speciali e rassegne, come le nove edizioni di ‘Limitrofie’ e le altrettante di ‘Sussurri o Grida’, e produzioni, quelle di Antonio Sixty, Flavio Pedrotti, Valeria Magli, Anna Montinari, Donella Del Monaco, Claudio Stringari, Arturo Reboldi, Marina Bianchi, Angela Scarparo ed altre ed altri, facendo dell’Out-Off una fucina per le nuove generazioni.

Riportiamo qui di seguito l’articolo5, ringraziando Mino Bertoldo e l’editore Bulzoni per la disponibilità e la concessione.

Out-Off a Milano. Memorie di un inizio

La “cantina” fu trovata nell’estate del ’76 nel cortile di un vecchio, fatiscente edificio di Milano-centro. L’affittavano come magazzino. Mino però, lo conobbi solo più tardi, a dicembre del ’77. C’era John Cage al Teatro Lirico e passò anche all’Out-Off. Conosceva lo spazio e vi tenne una conferenza stampa per il suo Empty Words6.

Lo spazio era bello ed inquietante: superfici a calce bianca, volte, sale in fuga continua, archi. Pulizia strutturale, rigore degli arredi e delle luci. La sera di Cage, erano dislocate per lo spazio le macchine musicali di Joe Jones: il manichino dal fallo sonoro, un mandolino programmato, il tamburo, una batteria, la balalaica, ed altri strumenti tutti collegati in un unico circuito. Jones, da un altro congegno a tastiera, li suonava come in un concerto.

Hermann Nitsch, Azione n. 56, Out-Off, Milano 30 novembre 1976. Foto di Fabrizio Garghetti. Courtesy Archivio Out-Off, Milano.
Hermann Nitsch, Azione n. 56, Out-Off, Milano 30 novembre 1976. Foto di Fabrizio Garghetti. Courtesy Archivio Out-Off, Milano.

Mino mi raccontava con entusiasmo di tutto quell’anno di attività, dei rapporti con gli artisti, delle difficoltà economiche da superare funambolicamente; sembrava il suo racconto un percorso in un passato recente, così vivo che fondeva in rapidi flashback i ricordi ad un paesaggio attuale, il paesaggio che aveva per contorni questo spazio, questo Out-Off al quale ero approdata per un banale servizio RAI e che si rivelava ricco di umori. Uno spazio che mostrava subito di essere l’immagine speculare di un qualsiasi paesaggio urbano da riempire o svuotare di esperienze, strumento di informazione e decodificazione.

Sempre ricordo un particolare, tra quei racconti che Mino allora mi faceva conducendomi per le sale, quando già si delineava la mia collaborazione con lo spazio: il particolare era quello di quando lui ed alcuni amici erano scesi per la prima volta a visitare la cantina per valutarne un ipotetico affitto. Dovette trattarsi di un vero “approdo alle nuove terre” anche se la realtà non fu poi così mitica e sognante. La cantina era impraticabile. Ex rifugio in tempo di guerra, poi deposito, poi spazio abbandonato, si era presentato ingombro da veri e propri camion di materiali di ogni genere, un impasto di macerie e detriti urbani. Fu come calarsi nelle ganasce polverose ed umide di una bestia, per riemergere dando vita ad un’altra realtà, bisognava fare un po’ come “Alice quando attraversò lo specchio”: annullare, isolare, cancellare per ricostruire, attraverso se stessi e il luogo. Così, per settimane, lavorammo sullo spazio ed isolammo le macerie in un’unica stanza, alzammo un muro ed isolammo la bestia: al di là del luogo deputato. Fu così che iniziò l’avventura: coprire per scoprire.

Per Mino, l’Out-Off fu la vera adventura: impervia la strada ma ricca di fatiche gratificanti, di momenti di crescita e rinnovamento. Io piombavo, un po’ a cose fatte, in un’atmosfera da viaggio nel passato, di estremo stimolo professionale e di indubbia spinta per il futuro.

I rapporti che gli artisti avevano con lo spazio, per esempio, erano di natura del tutto diversa da quelli che normalmente gli organizzatori tendono ad instaurare. Questo avveniva, non solo per scelta di Mino, ma sostanzialmente perché lo spazio lo favoriva. Mi resi conto di ciò che realmente c’era fra l’Out-Off e gli artisti o anche i collaboratori quella stessa sera del concerto al Lirico. Dopo lo spettacolo, era stata organizzata una cena a casa di Gianni Sassi, in onore di Cage. C’erano Juan Hidalgo, Walter Marchetti, altri artisti. Mino e Sassi mettevano alla prova la sapienza culinaria di Cage abbassando o alzando il fuoco sotto le sue pietanze di nascosto ma non riuscendo mai a spiazzarlo; a cena Mino e Walter ricordavano i particolari di lavori fatti, i momenti di collaborazione con l’Out-Off7, i percorsi di una programmazione che sembrava si sarebbe svolta in stretta collaborazione. Juan sembrava addirittura dovesse stabilirsi a Milano per partecipare più direttamente alla conduzione dello spazio. E ce n’erano state di cene, ben altre. Come quella dopo l’inaugurazione di Hermann Nitsch, prima inaugurazione dell’Out-Off8. La memorabile spaghettata fu consumata nell’ambiente che ancora echeggiava delle vibrazioni incredibili di questo Teatro delle Orge e dei Misteri; tutti i locali erano ormai imbrattati del sangue degli animali, misto al vino di damigiane spaccate. Nel mezzo della cena poi piombò dentro uno sconosciuto, non sapeva neppure dove fosse, gli avevano detto che c’era una festa; Gian Carlo. Partecipò al banchetto come se fosse il suo matrimonio.

Gruppo Zaj, Segreto a squarciagola, Out-Off, Milano 19 ottobre 1977. Foto di Gianni Colombo, Courtesy Archivio Out-Off, Milano.
Gruppo Zaj, Segreto a squarciagola, Out-Off, Milano 19 ottobre 1977. Foto di Gianni Colombo, Courtesy Archivio Out-Off, Milano.

Ester Ferrer, del Gruppo ZAJ, preparava manicaretti madrileni nella cucina dell’Out-Off, mentre Juan, Walter e Mino tiravano nello spazio i mille fili dell’installazione Concerto per musica da camera n.17.

[…] A questo punto poi i ricordi mi coinvolgono personalmente, nel ’78 ero ormai definitivamente con l’Out-Off. Fu l’anno in cui ogni sera passavano per lo spazio centinaia di persone. Avevamo messo in piedi il bar, ristrutturato una sala ad uso cucina. Menù divertente, servizio discreto, atmosfera accattivante. Un’operazione riuscita complessivamente e che serviva soprattutto dal punto di vista finanziario a coprire e promuovere tutta la programmazione. La storia è quella di sempre: doppio lavoro, salti mortali per pagare tutto, dispersioni di tempi organizzativi e creativi.

“Coprire per scoprire”. Una croce. Fu Massimo Dolcini ad inventarla. Dolcini è un visual designer di Pesaro. Gli raccontammo che stavamo correggendo il tiro della programmazione: tener conto di un passato ma affrontare discorsi nuovi. Segnali. Sulla porta venne progettata una enorme croce, quasi la gigantografia di una pennellata. La vecchia porta veniva annullata/sottolineata.

Altri segnali: Sentieri selvaggi9. Dal Bosco e Varesco nel reclusorio di plastica – immobili – tutt’intorno i tavoli dell’Out-Off coi resti delle cene di una serata incartati nella pellicola di plastica – reperti surgelati di un’atmosfera.

Dal Bosco-Varesco, Sentieri selvaggi, Out-Off, Milano 14 aprile 1978. Foto di Fabrizio Garghetti. Courtesy Archivio Out-Off, Milano.
Dal Bosco-Varesco, Sentieri selvaggi, Out-Off, Milano 14 aprile 1978. Foto di Fabrizio Garghetti. Courtesy Archivio Out-Off, Milano.
K.T.T.M.C.C. Kollettivo Teatrale Trousses Merletti Cappuccini Cappelliere, Sentiere Selvagge in panavision, rassegna Sex Poetry, Out-Off, Milano 23-26 gennaio 1979. Foto di Fabrizio Garghetti. Courtesy Archivio Out-Off, Milano.
K.T.T.M.C.C. Kollettivo Teatrale Trousses Merletti Cappuccini Cappelliere, Sentiere Selvagge in panavision, rassegna Sex Poetry, Out-Off, Milano 23-26 gennaio 1979. Foto di Fabrizio Garghetti. Courtesy Archivio Out-Off, Milano.

Illy Lasa (alias Antonio Saletta). Sta salando il sale e metodicamente lo impacchetta e lo consegna al pubblico10. Poi è truccato da alieno. Poi si muove tra due Eloise, contrappunto contaminante tra due territori.

Entropia della musica: la sala Verdi del Conservatorio. Ogni pianista usa in scena il proprio fiore preferito – Cardini alla fine di un pezzo si cosparge freneticamente di mimose – Ballista erige sul pianoforte un immenso girasole. Antonello Neri ha un mazzo di papaveri nell’occhiello del frac11.

Tavolate all’Out-Off. Banchetti. Pranzi nuziali, feste, foto, un ballo, un battito di tacchi, luci gialle e colori di liquori, i ricordi di tutti i gesti, sorrisi sigillati, applausi.

Antonio Syxty, Jack & Jackie, rassegna Due interventi di ricerca nel teatro, Out-Off, Milano 14 settembre 1979. Foto di Fabrizio Garghetti. Courtesy Archivio Out-Off, Milano.
Antonio Syxty, Jack & Jackie, rassegna Due interventi di ricerca nel teatro, Out-Off, Milano 14 settembre 1979. Foto di Fabrizio Garghetti. Courtesy Archivio Out-Off, Milano.

Il progetto

L’Out-Off si mette al lavoro nel 1976. L’inaugurazione vede per la prima volta in Italia un’Azione di Hermann Nitsch dal titolo Das Orgien Mysterien Theater12. Il fatto che i fondatori aprano la programmazione con un evento di questo tipo e che, per un certo periodo, si continuino ad attestare su una linea performativa di artisti legati in senso stretto alle arti visive, rispecchia da parte loro il tentativo di modificare il concetto: prodotto artistico = merce da vendere, nel concetto: prodotto squisitamente culturale, senza asservimenti alle regole del mercato della produzione creativa.

Lo spazio dunque, nel lavorare inizialmente con certi artisti, attraverso: azioni – mostre – presentazione di reperti da performances – e non ponendosi con l’artista in un rapporto mercante/produttore, esprime un preciso rifiuto nei confronti del mondo delle gallerie e del controllo culturale che esse esercitano attraverso il terrorismo del mercato.

Era più che evidente già da allora che l’organizzazione del mercato dell’arte, in Italia sempre gestita da privati, faceva pensare alle nostre posizioni contro le loro ferree regole, come ad uno scontro insostenibile (almeno nello stato di isolamento in cui ervavamo); anche se molti artisti, proprio allora, favorivano il nostro tentativo per motivi storici, per loro scelta e per scelta di linguaggio espressivo. Bisognava non essere soli. Ci auguravamo utopisticamente che il potere mosso dagli sconvolgimenti di un decennio di lotte operaie, studentesche, sociali e quindi culturali, prendesse decisioni di tipo diverso, magari mediato, magari futuribili. Invece il panorama è rimasto quello di sempre: l’Ente pubblico, committente e promotore per eccellenza ha “conservato” la linea di Non-pianificazione e controllo della cultura e in particolar modo delle arti visive. La continua insistenza di musei o spazi per l’esposizione di opere del resto, rappresenta un chiaro pericolo per il potere: quello di modificare sostanzialmente il rapporto fra fruitore ed opera, in quanto “meno mitico”.

La combattività e le energie spese comunque nel progetto iniziale, anche se portatrici di illusioni, diedero l’avvio a nuovi meccanismi di intervento e, in senso globale, al proseguire del progetto. Del resto, bloccati dall’incapacità finanziaria, negato l’eventuale ritorno a gestire economicamente il prodotto dell’artista, spiazzati dagli atteggiamenti di riflusso di alcuni di questi ultimi che, un po’ per mancanza di coraggio un po’ per spinte oggettive, altri per scelta, tornavano a vivere le regole del proprio mondo, non avevamo soluzioni da proporre a noi e agli altri operatori se non che, tener conto tutti, delle implicazioni che il “valore”, il “denaro” e gli “interessi politici” producono nella ricerca artistica.

Il territorio della performance multidisciplinare, se pur attingeva a piene mani dalle arti visive per riprodurre poi certi “segni” in commistioni tipo: musica/gesto – azione poetico/visiva – cut up – fisicità dell’oggetto – videodanza – eventi multipli –, non doveva per questo chiedere il permesso a nessuno. Ci sentimmo quindi molto stimolati da questo nuovissimo campo d’indagine che per altro andava crescendo e definendosi in varie tendenze di studio anche a livello nazionale. Anche l’artista che agisce in questo territorio ha una figura operativa sostanzialmente diversa dall’operatore di arti visive; il suo rapporto con lo spazio dello spettacolo è altrettanto libero, dialettico, attivo; ma soprattutto non si sente legato economicamente al valore della sua opera, che non resta più come oggetto mercificabile ma come testimonianza e segno culturale libero.

Così dedicammo attenzione e promozione a tutte le nuove esperienze/esperimenti che dalle arti visive andavano a contaminare il teatro, la musica, il gesto, la danza, la video art. Si volle dare vita a più linguaggi innovativi, che trasformassero un discorso produttivo estremizzato, che non ideologizzassero i rapporti tra arti visive e le altre espressioni ma che, tramite interventi di contaminazione, dimostrassero l’esistenza e la prova di nuovi rapporti; la qualità innovativa che ogni esperienza reca in sé che è poi dettata dalla vita e dal respiro che circola in essa, dalla poliedricità che vi si insedia, dalle contraddizioni fra l’analisi e l’esprimersi, tra il mentale e il quotidiano.

Così, dopo Nitsch, Cibulka, Veit, ed altri, dopo Schober, Jones, dopo le mostre di Moorman, Desiato, Paik, Saito, Luthi, Hendricks, si passa alle azioni ZAJ – sonorizzazione dello spazio, concerto evento: Segreto A Squarciagola. Ci si avventurava nelle soluzioni fra suono e silenzio (Cage) – fra gestualità, fisicità dello spazio ed impulsi dell’essere: ed è Franca Sacchi con L’essere come danza13, improvvisazioni. Si sperimentavano i primi lavori di Taroni/Cividin14 – di Dal Bosco e Varesco, si producono le prime installazioni sonore di Ascari15. Leggi fisiche sonore e spaziali passano per il corpo dell’artista, investigano, ricercano. Ma forse è lo stesso spazio a sfidare l’artista o a invitarlo al workshop. Nascono ipotesi come i Canti Illuminati di Alvin Curran, come L’essere in forma sconcerto-performance di Marino Vismara, come L’Entropia della Musica concerti di musica contemporanea per pianoforte solista, o come le improvvisazioni di Gian Carlo Schiaffini, le Promiscuità Estetiche di G. Mazzon, Il lavoro dell’ape di Luigi Cinque, i concerti del Gruppo Strumentale Beat 72, i concerti elettronici di H. Vaggione, la rassegna dei Soli contemporanei a fiato16.

Taroni-Cividin, Tragica sequenza, rassegna Strategia X, Out-Off, Milano 12 giugno 1979. Foto di Silvia Lelli Masotti. Courtesy Archivio Out-Off, Milano.
Taroni-Cividin, Tragica sequenza, rassegna Strategia X, Out-Off, Milano 12 giugno 1979. Foto di Silvia Lelli Masotti. Courtesy Archivio Out-Off, Milano.

Si cerca di far molto anche per il teatro di ricerca: emergono in tutta la loro incisività espressiva i linguaggi di Saletta e di Pedrotti, i lavori sugli oggetti parlanti e semoventi di Claudio Stringari; si producono rassegne di tendenza quali ‘Sex Poetry’ e ‘Magia del Teatro’ o come ‘Strategia X’, si partecipa a Progetto ’7817.

Pubblico ed addetti ai lavori trovano un terminale di comunicazione all’Out-Off che a Milano diventa un vero e proprio punto di riferimento per gli artisti che operano nella piega della contraddizione tra “cultura ufficiale” e “nuovi linguaggi”.

Nel 1980 nasce l’Associazione Culturale Out-Off. Organismo produttivo, promozionale e di distribuzione dei contenuti della nuova ricerca spettacolare.

L’iniziativa di carattere squisitamente produttiva e progettuale intende porsi come punto di riferimento di tutti quegli artisti che per esigenza di scelta e di rigore professionale necessitano di: spazi operativi, mediazioni organizzative, attenzione culturale, rapporti promozionali, critici. Tutto ciò è reso possibile dalla qualità intrinseca del rapporto con gli artisti/produttori associati e dalla varietà del lavoro che svolgono al suo interno.

L’Associazione formalizza e precisa l’attività che esiste da due anni con: Antonio Saletta – Flavio Pedrotti – Claudio Stringari – Marino Vismara. L’approccio con loro, circa due stagioni fa, rappresentò reciprocamente il senso di un incontro, oggi determinante per l’identificazione e la riconoscibilità di tutto il gruppo in quella frontiera artistica-specialistica che dopo anni di ricerche emette autonomi, importanti segnali di una nuova era spettacolare, punto di partenza ma orizzonte al tempo stesso della ricerca italiana. Out-Off è un “modo” di agire in questo scenario.

[…]

Il giorno giovedì – 23 – ottobre 1980
«L’Out/Off» chiuso dal Comune per inagibilità.

Il primo spettacolo era previsto l’altroieri, Hiroshima mon amour di Claudio Stringari: ma è arrivata la diffida della Ripartizione Turismo Sport e Tempo Libero che dichiarava la sala non idonea ad ospitare persone bensì solo materiale ferroso. Così la stagione dell’Out-Off è finita prima ancora di cominciare, almeno nei locali di Viale Monte Santo, 8. Si spera infatti che il comune possa impegnarsi a garantire una nuova sede, quantomeno l’organizzazione di una stagione in altre sale. La comunicazione del Comune e la diffida sono scattate appena i giornali hanno pubblicato la notizia del programma ’80/’81. Gli organizzatori dello spazio hanno dato a tutti i giornali un comunicato molto ironico che lascia prevedere una continuità dei lavori in altra dimensione e sede: “Ebbene sì, l’Out-Off chiude, perché almeno così qualcuno se ne è accorto”.

L’Out off però

Chiude perché almeno così qualcuno se ne è accorto.
Chiude perché… «I casi della vita»… come lainghianamente dice la Repubblica!
Chiude perché se è vero che la cultura nasce in cantina è anche vero che cresce all’aperto. Gli andremo incontro.
Chiude, perché quando era aperto era solo una cantina, da chiuso diventa un modo di muoversi, di aprirsi alle situazioni.
Chiude perché basta con le cantine dove ci hanno costretti per anni e non per nostra scelta.
Chiude perché chi ci ha voluto illudere per 5 anni di restare, adesso scopre che la gente ci sta scomoda.
Chiude perché 12.000 soci sono tanti e poi qua dentro ci stiamo scomodi tutti.
Chiude perché non solo ci hanno tenuto in cantina col contentino, ma per questo ci hanno gratificati, santificati nello spirito di sacrificio della rabbia giovanile.
Chiude perché così la facciamo finita con le ambiguità dell’underground vent’anni dopo.
Chiude perché dicono che l’alternativa non c’è, proprio loro che l’hanno inventata.
Chiude perché alternativa significa emarginazione, ghetto, un modo per far tacere chi lavora.
Chiude perché fruga, cerca, propone alternative culturali al mondo americano.
Chiude perché sta cercando di uscire dal colonialismo, sta cercando di proporre qualche cosa di nostro che nasce da noi.
Chiude perché non si sa come le sue proposte «alternative» diventano un paio d’anni dopo, cultura ufficiale.
Chiude perché è stanco di chiedere.
Chiude perché invece di fare programmi adatti alla critica ufficiale li ha fatti come proposte dirette al pubblico.
Chiude perché se la critica dice NO la gente non viene, perché se la gente dice SI allora la critica parla di riflusso culturale, perché se qualcuno si diverte sbaglia, bisogna chiedere il permesso.
Chiude perché detesta il sistema, quello delle mode. Chiude perché adesso si apre una nuova stagione per l’OUT-OFF.

Perché Out-off oggi

Anzitutto per tenere fede a sei anni di lavoro decisivo nel panorama della ricerca milanese e in secondo luogo per tenere dietro ad alcune situazioni culturali in movimento (come un certo tipo di musica, la nuova danza, i territori della nuova spettacolarità). Non è il caso di gridare allo scandalo perché ci hanno chiuso la sede. Non ci pare che allarmarsi risolva i problemi; dopotutto non esistono gli esclusi, perché si sa che nessuno li vuole. Ma soprattutto non esistono forme di potere in questo senso, in queste aree. Le si annulla, non le si considera, un po’ come “Alice attraverso lo specchio”. Quello che importa in questo periodo, è la novità della situazione, e la capacità di rinnovarci che ne possiamo trarre. Quello che conta, non è ancora una volta la capacità di scegliere, di esercitare il proprio gusto, non è sapere come spiazzare ma la disponibilità alla verifica, la disponibilità di aprirsi e di collaborare da parte di: artisti, tecnici, attori, critici, organizzatori. È anche vero che il luogo di questo incontro-dibattito sul lavoro espressivo, deve avvenire in forma operativa nei luoghi di lavoro, nelle sedi. E qui torna il nostro problema. Tuttavia luogo di lavoro, non vuol dire “luogo deputato” – non vuol dire cantina, teatro, spazio marginale o spazio privilegiato.

La città ha tutti gli spazi che si vogliono, le strutture esistono già tutte, non c’è nulla da inventare, non ci sono luoghi da deputare allo spettacolo, perché esso vi si arrocchi e perché così lo si possa assediare.

Out-Off riprende il suo lavoro ed intende coinvolgere tutti nelle scelte e nei dati del suo operare che è lavoro di ricerca, associato, che fa capo ad un’unica organizzazione in cui gli artisti nella propria autonomia espressiva e di linea, si riconoscono in un’immagine sola. Il panorama delle possibilità nella ricerca italiana è ancora molto articolato e suggestivo, ricco di umori nascosti; non più solo l’architettura, gli avvolgimenti di sonorità, il gesto come coreografia; ma la moda in quanto mondo di riferimenti interni al costume, il romanzo, le letteratura del ritaglio di giornale, il depliant turistico, lo sport, la pornografia.

Nell’esplorazione di questi territori geografici, ci imbatteremo ancora nei valori/denaro, parametri/produttivi, appalti o monopoli della ricerca; ma dovremmo superarli.

  1. Sono molte le rassegne considerate da riviste come «Sipario», «Teatrofestival», «La Scrittura Scenica» ecc. Un esempio di attenzione all’architettura teatrale è Damiani Luciano, Ettore Capriolo, Il Teatro Nuovo di Trieste : una proposta / Luciano Damiani, in «Teatro», a. II, nn. 3-4, Cafieri, Torino estate-autunno 1968.
  2. Liliana Madeo-Giovanni Lombardo Radice, Il boom teatrale di Roma, in «Sipario», n. 326, luglio 1973.
  3. Oggi l‘Out-Off è diretto da Mino Bertoldo, Lorenzo Loris e Roberto Traverso e si trova in via Mac Mahon 16. Si veda il sito web di riferimento [ultimo accesso 30 marzo 2022].
  4. Mino Bertoldo, Tracce sulla sabbia, in Id., A. Sixty (a cura di), 1876-1986 Out-Off, Edizioni Out-Off, Milano 1986, p. 6.
  5. Abbiamo apportato alcune modifiche al testo. Le principali sono di natura editoriale, correzione di piccoli refusi e modifiche riguardanti la formattazione del testo – ed esempio nella pubblicazione del 1981 i titoli di spettacoli e performance sono riportati tra « » mentre in questa trascrizione, in accordo con le norme editoriali di «Sciami|ricerche», i titoli sono riportati in corsivo e senza virgolette. Una sola è una modifica strutturale, un vero e proprio taglio, dovuto al fatto che nell’articolo si fa riferimento a fatti, eventi e spettacoli ben conosciuti ai lettori della rivista «La Scrittura Scenica/Teatroltre» e che oggi necessiterebbero di lunghe e prolisse note. Il taglio è riportato in questo modo […]. Infine, abbiamo aggiunto delle note informative, non presenti nel testo originale, riportate con la sigla [n.d.c.].
  6. La Conferenza stampa per il concerto “Empty Words” di John Cage è stata presentata l’1 dicembre 1977. Successivamente, il 12 febbraio 1979 Cage torna all’Out-Off con la Conferenza stampa per la presentazione del libro “Dopo di me il silenzio” [n.d.c.].
  7. La prima presenza del Gruppo Zaj di Juan Hidalgo, Walter Marchetti ed Esther Ferrer all’Out-Off è stata il 19 ottobre 1977 quando hanno presentato Segreto a squarciagola e il giorno successivo Fotografie, ambienti e altre cose[n.d.c.].
  8. Il 30 novembre 1976 Hermann Nitsch presenta presso l’Out-Off Azione n. 56 [n.d.c.].
  9. Sentieri selvaggi è una performance presentata all’Out-Off il 14 aprile 1978 dal duo Francesco Dal Bosco e Fabrizio Varesco [n.d.c.].
  10. La breve descrizione è riferita alla prima performance di Antonio Syxty ancora col nome Illy Lasà W, M o di alcuni tentativi di salare il sale e di attraversare un muro, durante la rassegna Strategia X, Out Off, Milano 5 giugno 1979 [n.d.c.].
  11. Il riferimento è alla rassegna Entropia della musica. Il pianoforte nelle nuove tendenze compositive, organizzata dall’Out-Off dal 15 febbraio al primo marzo 1979 presso la sala Giuseppe Verdi del Conservatorio di Musica Giuseppe Verdi di Milano. Partecipano alla rassegna: Giancarlo Cardini, Antonello Neri, Antonio Ballista e il duo composto da Danilo Lorenzini e Michele Fedrigotti [n.d.c.].
  12. In realtà la prima azione di Hermann Nitsch in Italia, 45.aktion, è del 1974, presso lo Studio Morra di Napoli. Inoltre, come già riportato nella nota numero 8, l’azione all’Out-Off è intitolata Azione 56 mentre Das Orgien Mysterien Theater è il nome che Hermann Nitsch da al suo complesso sistema di presentazione performativa. Per un approfondimento si veda Emanuele De Donno, Italo Tomassoni, Giuseppe Morra (a cura di), Hermann Nitsch atlas, Ass. Cult. Viaindustriae, Foligno (PG) 2017 e Lorenzo Mango, Il teatro delle orgie e dei misteri di Hermann Nitsch, in «Acting Archives Review», a. I, n. 1, aprile 2011, pp. 15-43 [n.d.c.].
  13. Performance di Franca Sacchi presentata all’Out-Off il 3 e il 4 aprile 1978 [n.d.c.].
  14. Il gruppo milanese composto da Roberto Taroni e Luisa Cividin presenta all’Out-Off le performance Putredo Paludis (15 dicembre 1977), 20-12-1977 (20 dicembre 1977) e Tragica sequenza (12 giugno 1979). Nelle prime due performances è presente anche Maria Teresa Morasso [n.d.c.].
  15. Il riferimento è a Untitled II/Vibracions II di Ferruccio Ascari, presentata all’Out-Off dal 22 al 24 maggio 1979 [n.d.c.].
  16. Alvin Curran presenta Canti illuminati il 3 e 4 febbraio 1978. L’entropia della musica (vedi nota n. 11), Il lavoro dell’ape di Luigi Cinque è stata presentata il 28 luglio all’interno della rassegna Zoo Musicale (28-30 luglio 1981), mentre le performance sonore di Gian Carlo Schiaffini e Guido Mazzon (Promiscuità estetiche) sono state presentate durante la rassegna Soli contemporanei a fiato (13 novembre-7 dicembre 1979) [n.d.c.].
  17. Sex poetry è stata presentata dal 9 gennaio al 15 marzo 1979; Magia del teatro dal 22 gennaio al 13 marzo 1980 mentre Strategia X dal 5 al 28 giugno 1979 [n.d.c.].
Author

Mino Bertoldo (Malo, provincia di Vicenza, 1948), designer, fondatore e direttore dell'Out-Off, prima “cantina” milanese, aperta nel 1976 e tutt'oggi attiva

Author

Daniele Vergni, dottorando in Spettacolo presso la Facoltà SARAS dell'Università La Sapienza di Roma, si occupa di Performance Art e del Nuovo Teatro Musicale in Italia nella seconda metà del Novecento. È redattore della rivista «Sciami|ricerche», membro del gruppo Acusma e di Nuovo Teatro Made in Italy, diretti dalla Prof.ssa Valentina Valentini. Collabora con la rivista «Artribune» e ha collaborato con «Alfabeta2». Tra le sue pubblicazioni Nuovo Teatro Musicale in Italia (1961-1970) (Bulzoni, 2019). Per il progetto ERC “INCOMMON In praise of community. Shared creativity in arts and politics in Italy (1959-1979)” diretto dalla Prof.ssa Annalisa Sacchi ha pubblicato il saggio Fare Musica. L’azione “teatrale” di Giuseppe Chiari negli anni Sessanta (in Ilenia Caleo, Piersandra Di Matteo, Annalisa Sacchi (a cura di), In fiamme. La performance nello spazio delle lotte (1967-1979), Bruno Editore, Venezia 2021, pp. 360-369).