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n. 10 – ottobre 21, Teatro

Capitalismo/sentimenti. Anacronismo e utopia nell’Opera da tre soldi

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https://doi.org/10.47109/0102300102

Ascesa e caduta della città di Mahagonny, scena della prima messinscena, Lipsia 1930.

Il testo si basa su un intervento al simposio virtuale “Alte Einsichten über den neuen Kapitalismus” tenutosi al Berliner Ensemble il 16 aprile 2021. Per conservare il carattere della conferenza si sono limitate le note all’essenziale. Cfr. il sito dell’istituzione (ultimo accesso 1.IX.2021).
Traduzione dal tedesco di Francesco Fiorentino.

ABSTRACT

Il saggio esamina L’opera da tre soldi di Bertolt Brecht e Kurt Weill in quell’orizzonte di movimenti politici, economici e culturali contrastanti che Ernst Bloch definiva una “simultaneità del non simultaneo”. Da questa prospettiva, il saggio esplora la dimensione anacronistica, oltre che utopica, del rapporto che intercorre tra i sentimenti e l’ordine sociale del capitalismo.

Anacronismo

Il 1928, l’anno della prima rappresentazione dell‘Opera da tre soldi, fu l’ultimo anno della fase di stabilizzazione della Repubblica di Weimar, quel breve lasso di tempo tra l’inflazione del 1923 e la crisi economica mondiale del 1929 caratterizzato da una prosperità finanziata coi crediti. È questo il periodo che ha creato il mito dei ruggenti anni Venti, il periodo in cui per la prima volta l’americanismo come forma di vita culturale ha dispiegato la sua forza di attrazione1: consumo di massa qui e ora, invece di rinuncia e ritardo della gratificazione. Sale da ballo e cinema, teatri di varietà e luna park diventano i luoghi della desublimazione e del piacere sessuale della nuova classe di impiegati, come li ha descritti Siegfried Kracauer2. Essi offrono il nuovo volto di un capitalismo che è guidato dal consumo e non ha più bisogno della rinuncia agli impulsi. Piuttosto, il motto “Soprattutto prestate molta attenzione, / che qui tutto è concesso” è eletto a elisir di lunga vita. L’invito al godimento illimitato in esso presente non proviene dall’Opera da tre soldi, ma è una citazione da un’opera di due anni più tarda, Ascesa e caduta della città Mahagonny, sempre di Brecht e Weill.

<em>Ascesa e caduta della città di Mahagonny</em>, scena della prima messinscena, Lipsia 1930.
Ascesa e caduta della città di Mahagonny, prima messinscena, Lipsia 1930.
<em>Ascesa e caduta della città di Mahagonny</em>, Lipsia 1930. Lotte Lenya (al centro) canta “Alabama Song”.
Ascesa e caduta della città di Mahagonny, Lipsia 1930. Lotte Lenya (al centro) canta “Alabama Song”.

Mahagonny, che è ambientata nel selvaggio West ai tempi dei cercatori di oro e delle fondazioni delle città, a prima vista sembra un pezzo molto più moderno rispetto all’Opera da tre soldi. Più moderno in merito alla nuova forma di capitalismo messa in scena. L’oro faticosamente acquisito e messo da parte in Alaska deve essere speso. Ecco perché si dice “mangia, fotti, bevi e colpisci finché l’oro non è finito”. Mahagonny tratteggia il quadro di un’industria del divertimento capitalista sfrenata e per questo è al passo coi tempi nella critica – così pare – allo sviluppo più moderno dell’ordine sociale capitalista.

<em>L'Opera da tre soldi</em> rappresentata a Mosca nel 1930.
L’Opera da tre soldi rappresentata a Mosca nel 1930.

L’Opera da tre soldi, al contrario, a prima vista appare datata. Nel mezzo della Berlino gaudente degli anni Venti riporta sulla scena una figura anacronistica del capitalismo del XIX secolo: l’imprenditore Jeremy Peachum, chiamato re dei mendicanti, che ha fatto dell’accattonaggio una grande impresa. Peachum è un personaggio della Londra vittoriana, la sua provenienza non è chiara, forse risiede nell’oscurità del mondo del crimine da cui proviene il suo rivale, il ladro Macheath. Forse Peachum ha riconosciuto per tempo, come ora ha fatto Macheath, che il massimo profitto non può essere tratto dai furti criminali, bensì dagli affari legali della società borghese-capitalista. “Cos’è un grimaldello rispetto a un titolo azionario? Cos’è la rapina di una banca rispetto alla fondazione di una banca?”. A malapena possono essere distinti gli uni dagli altri, i borghesi e i rapinatori, in questa prima fase del capitalismo. Peachum e Macheath, per questo, di fatto sono concorrenti. La figlia di Peachum, Polly, che ha sposato Macheath, è soltanto una merce di scambio – almeno dal punto di vista dei due uomini. Più volte Peachum tenta di eliminare il suo avversario facendolo rinchiudere in prigione. Macheath, dal canto suo, punta sui suoi buoni rapporti con il capo della polizia di Londra, Tiger Brown, un vecchio compagno di guerra, e su sua figlia Lucy, che si contende con Polly il favore di Mac. E quando nemmeno Tiger Brown lo può più aiutare, Macheath è salvato davanti al patibolo dal messaggero della regina giunto a cavallo. Dalle prostitute alla regina, dai rapinatori ai capi di polizia, l’Opera da tre soldi percorre lo spettro di una società classista del primo capitalismo in cui tutte le relazioni e i sentimenti tra le persone sono fondati sulla legge del mercato. Le relazioni vengono costruite sulla base del loro valore di scambio, vale a dire sulla loro fruibilità nell’ottimizzazione delle imprese, e i sentimenti devono essere tenuti a bada affinché non interferiscano con la calcolabilità degli affari. Il prototipo di questo atletismo capitalista nelle relazioni e nei sentimenti, però, è Peachum.

“Svegliati, tu, Cristo corrotto”: con questo ritornello Peachum inizia la sua giornata. Con massima preoccupazione e cura, ogni giorno conduce gli affari nel modo più brutale possibile (“Vendi tuo fratello, canaglia! / Mercanteggia tua moglie, tu miserabile!”) secondo le regole della più severa etica protestante. Max Weber nel 1904 nel suo trattato L’etica protestante e lo spirito del capitalismo ha descritto una condotta di vita ascetica – quale richiesta espressamente dal Calvinismo – come la disposizione e l’atteggiamento adeguati all’imprenditoria capitalista3. Tale è quella che seguono Peachum e sua moglie. Il loro motto recita: “Rinuncia agli istinti!”. Non per motivi di natura religiosa, ma per non compromettere l’accumulazione del capitale. La devozione sessuale di sua figlia Polly per il ladro Mecheath è riprovevole agli occhi di Peachum e sua moglie, perché la perdita della figlia, per Peachum, significa rovina imminente. I Peachum lo sanno: le sciocchezze romantiche – “Tale è la luna sopra Soho. Tale è il maledetto testo ‘Senti il mio cuore che batte’” – si trasformano nella ricerca del piacere e del divertimento. “Invece di /” si indignano i coniugi Peachum, “restare a casa nel letto caldo / hanno bisogno di divertimento / pensano di meritare un trattamento speciale”. Guastafeste però non sono soltanto Peachum e sua moglie, ma anche la rimproverata figlia Polly, che nella “Canzone del no e del sì” sa molto bene delle eventuali dissolutezze romantico-sessuali:

Tenere la testa alta,
e conservare la distanza!
D’accordo, la luna splende tutta la notte,
D’accordo, la barca è fissata alla riva,
ma oltre non può esserci niente.
Sì, bisogna essere fredde e insensibili.
Sì, potrebbe succedere tanto,
ma da parte mia ci sarà solo “no”.

La freddezza e l’insensibilità sono sentimenti necessari per mantenere la testa alta nella quotidianità degli affari, sentimenti che tornano molto utili a Polly quando il suo consorte Macheath è in prigione e lei deve essere in grado di condurre molto bene le sue imprese. E lo stesso Macheath, sia pure momentaneamente ancora in carcere ma con la prospettiva di trasformarsi – scambiando il grimaldello con i titoli azionari, preferendo il possesso di una banca all’irruzione in una banca – da rapinatore a borghese rispettato, a un esame più attento, ha già la mentalità di un piccolo contabile che si attiene al rigido ordine borghese.

Tuttavia, proprio con Polly e Macheath si vede come sia dura la lotta contro desiderio e abitudine ad abbandonarsi agli istinti. Tre volte nella “Canzone del no e del sì” Polly resiste alla tentazione, ma una volta non le riesce di tenere la testa alta e di conservare la distanza:

Tuttavia un giorno (e il giorno era blu)
Venne uno che non mi pregò.
Attaccò il cappello al chiodo nella mia stanza,
e io non sapevo più quel che facevo.
Non aveva denaro,
non era educato,
il suo colletto mal pulito anche la domenica,
e non sapeva
cosa si addice a una signora,
ma a lui io non dissi “no”.

Allora non tenni la testa alta,
e non conservai le distanze!
Ah, la luna brillò per tutta la notte,
e la barca fu slegata sulla riva,
e non poteva essere altrimenti.
Sì, bisognava semplicemente sdraiarsi,
Sì, non si poteva essere fredde e insensibili!
Sì, doveva succedere tanto,
Sì, non poteva esserci alcun no.

È il romanticismo antiboghese che fa perdere la testa a Polly e la porta a sposare il ladro Macheath, mentre Macheath sa impiegare l’estro antiborghese del rapinatore a proprio vantaggio. Per combattere le sue pulsioni Macheath ha trovato un’efficace – sebbene non esente da pericoli – valvola di sfogo borghese: la frequentazione regolare delle prostitute, che per due volte lo conduce in galera. Enorme è, nell’era del capitalismo puritano, la fascinazione della schiavitù sessuale di cui canta l’omonima ballata: “A mezzogiorno si forza a non mangiare sedano / di pomeriggio si dedica ancora a un ideale / di sera si dice: ho il paradiso in tasca / ma prima che sia notte già è di nuovo sopra”. Secondo i dettami dello stile di vita ascetico la sessualità è un bene prezioso ma scarso. Altre possibilità di sfogo per l’uomo sono offerte dalla guerra, dove il più grande dei cannoni unisce il ladro Macheath e il capo della polizia Tiger Brown:

Soldati vivevano
sui cannoni
dal Capo a Couch-Behar,
se pioveva
e allora si incontrava
una nuova razza,
fosse bruna o pallida,
allora forse ci facevano la loro bistecca
alla tartara.

Puritano, fissato sulla sessualità e brutalmente aggressivo: sembra anacronistico il mondo dei sentimenti e degli istinti di questo capitalismo, che niente ha della società del divertimento e consumistica del capitalismo di Mahagonny. D’altra parte, esso è molto moderno nella sua distanza neoliberale dallo Stato e nell’aggressività del mercato4. A ciò si aggiunge la totale falsa apparenza che riveste gli affari: niente della violenza necessaria per mandarli avanti deve essere visibile. Diversamente dal pescecane, che mostra bene i denti, le azioni di Macheath non si vedono, come evidenzia fin dall’inizio la “Ballata di Mackie Messer”. È come se lui e Peachum seguissero il consiglio che Brecht ha dato indirettamente ai pescecani nella parabola del 1948 Se gli squali fossero uomini: il divorare e lo sfruttare funzionano ancora meglio dietro un’abile facciata culturale. Nell’Opera da tre soldi non c’è nessuna reale miseria, nessun proletariato. I più poveri dei poveri nell’impresa di mendicanti di Peachum sono attori appositamente vestiti che, sulla base dell’estetica dell’immedesimazione del XVIII secolo, lasciano cadere il denaro dato dai passanti pregati nella borsa di Peachum, accrescendo così il suo capitale. Le immagini del capitalismo nell’Opera da tre soldi sono impeccabili, senza intoppi, moderne ed esemplari nello sfruttamento di vecchi schemi emotivi. Assomigliano alla superficie riflettente dell’acqua che non mostra che in essa si muovono gli squali. Se mettiamo vicino le impenetrabili acque con gli squali del capitalismo della facciata e il capitalismo dell’etica protestante, come avviene nell’Opera da tre soldi, allora è evidente che il sistema della società capitalista in essa è caratterizzato da contraddizioni: qui neoliberalismo e facciata culturale che rimandano al XX secolo e al presente, lì la struttura pulsionale dell’imprenditoria puritana del XIX secolo.

<em>Ascesa e caduta della città di Mahagonny</em>, dalla prima messinscena di Berlino, 1931.
Ascesa e caduta della città di Mahagonny, dalla prima messinscena di Berlino, 1931.

Contemporaneità del non contemporaneo

Ernst Bloch nel suo Erbschaft dieser Zeit ha analizzato la dinamica sociale che ha portato dal tramonto della Repubblica di Weimar all’ascesa del Nazionalsocialismo5. La più grande forza esplosiva contro la Repubblica egli la vide nella non contemporaneità del contemporaneo. Forze politiche e movimenti sociali differenti coesistono fianco a fianco e le une contro gli altri nello spazio di una società e nello stesso tempo, tuttavia sembrano appartenere a formazioni sociali e tempi diversi. La società del divertimento e la cultura dell’intrattenimento del moderno capitalismo consumistico dei presunti “ruggenti anni Venti” sono accompagnate da movimenti politici, psicosociali ed economici che originano da un altro periodo premoderno, predemocratico e preilluminato, e lì tendono. Questi includono, tra gli altri, l’intero movimento völkisch, gli ex soldati del fronte dello Stahlhelm – un’organizzazione paramilitare –, la piccola borghesia declassata dall’inflazione e le organizzazioni combattenti di KPD e NSDAP, Lega dei combattenti del fronte rosso, SA e SS. Tutti odiano la Repubblica e la democrazia e aspirano a tornare a una presunta età dell’oro di una comunità omogenea, libera da conflitti ed etnicamente pura, oppure, nel caso dei comunisti, a una dittatura socialista del proletariato secondo il modello dell’Unione Sovietica. L’età dorata di queste utopie regressive, o retrotopie6, non c’è mai stata. Ma poiché le retrotopie non hanno un vero terreno sotto i piedi, esse devono essere realizzate immaginariamente dai movimenti non contemporanei con sentimenti tanto più forti e pieni di odio verso l’ordine esistente. I sostenitori dei movimenti non contemporanei propugnavano una vita emotiva che si distingueva, da un lato, per il rigore dell’ubbidienza e l’adempimento al dovere, dall’altro per l’amore sentimentale verso gli antenati, la patria e le origini. Soprattutto però essi aderivano a una morale sessuale restrittiva, in cui alle donne non erano riconosciuti dei propri desideri e una libertà sessuale. Il contrasto con (anche) la permissività sessuale della cultura del divertimento e dell’intrattenimento dei presunti dorati anni Venti non potrebbe essere maggiore. E grande è anche la tensione tra queste due forme di vita, insieme contemporanee-non contemporanee.

Nemmeno due mesi dopo la prima dell’Opera da tre soldi, al Metropoltheater, oggi sede della Komische Oper, ha luogo la première dell’operetta di Franz Lehárs Friederike, che parla dell’amore del giovane Goethe per Friederike Brilon a Sesenheim. Richard Tauber nei panni di Goethe canta “Oh ragazza, mia ragazza, come ti amo”, e poi se la svigna a Weimar per fare carriera a corte. E Friederike, interpretata da Käthe Dorsch, rinuncia tra le lacrime e sacrifica il suo amore per l’ascesa del genio, proprio come si addice esclusivamente a una donna dei tempi passati.

In netto contrasto con Friederike, che languisce nel sacrificio, c’è il modo libero di amare e di fare affari di un’altra giovane donna, che l’autrice americana Anita Loos nel 1926 manda per il mondo nel suo romanzo I signori preferiscono le bionde. La bionda, nel corso del suo viaggio attraverso la vecchia Europa, frequenta un gran numero di uomini ricchi, e si lascia ripagare in diamanti per le sue cortesie. Il romanzo diventò un successo mondiale, la bionda un idolo dei sostenitori del piacere consumistico-capitalistico. Nel 1953 il libro fu trasposto in film da Howard Hawks, con Marylin Monroe e Jane Russel nel ruolo delle protagoniste.

Idoli del genere erano odiati dagli anacronistici movimenti reazionari. Un odio che si diffuse velocemente. La contemporaneità della non contemporaneità nella Repubblica di Weimar offre pericoloso materiale esplosivo. Insomma, l’odio del non contemporaneo non origina dal passato, ma dal presente contemporaneo. Poiché questo non sembra essere gestibile e negoziabile, si ritorna con la fantasia e col costume storico della donna tedesca e del soldato ai tempi passati, quando una vita a comando era presumibilmente più facile da gestire.

La Fura dels Baus, <em>Ascesa e caduta della città di Mahagonny</em>, Teatro Real, Madrid 2010.
La Fura dels Baus, Ascesa e caduta della città di Mahagonny, Teatro Real, Madrid 2010.

Ripetizione e superamento

Anche Brecht ricorre alla storia nel suo processo di storicizzazione del qui e ora. Ma non per conformarsi a presunti bei vecchi tempi passati, piuttosto per far sperimentare il presente nella sua complessità e contraddittorietà. Con attenzione, perciò, egli trasferisce il rifacimento della Beggar’s Opera di John Gay con la musica di Johann Cristoph Pepusch dal 1728 a un secolo e mezzo dopo, nell’età vittoriana. E con altrettanta ponderazione si rivolge a questa ballad opera del XVIII secolo da cui Elisabeth Hauptmann, dopo il suo nuovo successo a Londra, aveva fatto un abbozzo di traduzione. Se si prendono la forma, il ductus e qualche volta la traduzione letterale dei versi del poeta vagante tardo medievale François Villon e la musica del compositore contemporaneo Kurt Weill, allora si ottiene una costellazione storica in cui niente rimane del suo luogo storico originario, ma in cui, piuttosto, i tempi e gli spazi passati sono ripetuti sotto forma di citazione di gesti letterari e musicali. In questo stato aggregato le opinioni, gli atteggiamenti e i sentimenti di un tempo perdono la loro validità e tormentano il presente del neoliberalismo e della cultura capitalista della facciata come un fantasma. Così Adorno lo ha descritto nel 1929, con l’esempio del duetto d’amore di Polly e Macheath7: un lento valzer che sfiora appena – ma con precisione – la gioia dell’operetta del XIX secolo e, nel mezzo dell’ondata amorosa, libera nella tranquillità borghese la paura profonda del “se l’amore finisce e tu muori nei guai”, come recita la canzone dell’”Invece di”. Nella frammentaria combinazione di cliché sentimentali musicali e linguistici e di immagini istintuali del 1880 o del 1890, la preistoria dei sentimenti e degli istinti nel capitalismo è messa in mostra nella sua falsità come nella sua irrequietezza demoniaca. Essi affliggono ancora il presente, quello del 1928 – come nella Friederike di Lehárs – così come il nostro. Lo affliggono perché la desublimazione repressiva, di cui ha parlato Herbert Marcuse8, che la società dell’intrattenimento e il capitalismo consumistico esercitano non è un rimedio contro i fantasmi, piuttosto lascia un vuoto emotivo dove essi si diffondono col desiderio di un ritorno a tempi in cui si presume regnassero ancora disciplina e ordine emozionale. I movimenti fondamentalisti e populisti dei nostri giorni si nutrono del richiamo ai mondi emotivi spettrali e alle economie istintuali del passato che spacciano come originali, reali, straordinariamente e senza tempo veri. Nella preistoria dei sentimenti e delle energie istintuali del capitalismo che l’Opera da tre soldi realizza e mette in scena, le false speranze e promesse legate al ritorno del passato si disgregano in muffa e polvere.

<em>Ascesa e caduta della città di Mahagonny</em>, Royal Opera House, Londra 2015.
Ascesa e caduta della città di Mahagonny, Royal Opera House, Londra 2015.

Il processo di storicizzazione del presente operato da Brecht attraverso la ripetizione di mondi sentimentali passati, atteggiamenti sociali e modelli comportamentali, non è finalizzato alla ricostruzione di ciò che è stato – si presume – così e non altrimenti, piuttosto al superamento della mentalità e dei punti di vista del presente. E mentre la ripetizione non coglie l’identità di ciò che viene ripetuto, essa allarga l’orizzonte di attesa, che il presente lega alla ripetizione, all’inaspettato e all’ignoto. Attraverso questo superamento dell’orizzonte di attesa del presente è aperta una strada all’utopico. Questo non va inteso come un ideale dipinto, ma come l’apertura a una prospettiva di trascendenza nel bel mezzo dell’esistente. Brecht non si accontenta di una critica che rappresenti il cattivo stato del mondo, piuttosto fa sì che si sperimenti la possibilità non realizzata, ma disponibile, di un “oltre”. È da intendersi in questo senso la descrizione riassuntiva di Adorno dell’opera Ascesa e caduta della città Mahagonny: «Mahagonny è una rappresentazione del mondo sociale in cui viviamo, abbozzato dalla prospettiva a volo d’uccello di una società veramente liberata»9. La tesi di Adorno dimostra la sua validità anche nell’Opera da tre soldi.

Prospettiva a volo d’uccello

Dalla prospettiva a volo d’uccello di una società liberata di cui parla Adorno, proprio l’anacronistica (linguistica e musicale) retorica dei sentimenti nell’Opera da tre soldi dispiega una potenza referenziale utopistica. L’esempio più significativo di ciò è la canzone di Jenny dei pirati.

Signori, oggi mi vedete lavare i bicchieri
e rifare il letto per tutti.
E tu dammi un centesimo e ti ringrazierò in fretta,
e vedrai i miei stracci e questo hotel sgangherato.
E non sai con chi stai parlando,
e non sai con chi stai parlando.
Ma una sera ci sarà un urlo al porto
E chiederai: “Che cosa è stato?”
E mi vedrai sorridere tra i miei bicchieri
E dirai: “Cos’hai da ridere?”

E una nave con otto vele
E con cinquanta cannoni
Arriverà in banchina.

Jenny dei pirati non compare nell’opera, ma è una figura inscenata nella recita di Polly Peachum, la novella signora Macheath. Polly non ha nulla a che vedere con la sguattera Jenny, che appartiene agli umiliati e agli offesi. Fin dall’inizio la sua messinscena è subordinata alla rappresentazione di una persona di ceto inferiore. Una rappresentazione in duplice senso: mentre Polly racconta i sogni di cattivo gusto relativi a un’epoca di pirati vendicatori, presenta questa persona povera che, dal punto di vista di una giovane donna della casa borghese dei Peachum, può solo essere presa in giro. Estremamente sdolcinato musicalmente è il salto di sesta nella riga “E una nave con otto vele”, da “una” alla allungata “nave”: un ultimo slancio di speranza e il sospiro di una natura sentimentale disperata. Tuttavia la ballata nell’insieme non segue la legge del sentimentale. Lo sdolcinato-sentimentale è solo una citazione musicale in un racconto che è accelerato, da una figura ritmicamente veloce e tagliente, di due sedicesimi sul primo tempo accentato, con successiva croma sul secondo non accentato, nonché con accompagnamento jazz. Attraverso questa citazione fortemente accentuata, il sogno romantico assume, nella sua perdita della speranza, il carattere di un gesto linguistico-musicale che sconfina nel presente per affermare in esso qualcosa di irrisolto. C’è qualcosa di avveniristico in questo brandello di sentimentale, che non sostiene più, come la Friederike di Lehárs, di essere reale e vero, ma è soltanto un brandello – forse un brandello delle otto vele della nave pirata – che garantisce la promessa di una giustizia vendicatrice nell’ingiustizia persistente.

Ai brandelli delle vele della speranza appartiene anche ciò che era stato lasciato indietro ed eliminato dalla purezza puritana e dalla facciata senza difetti del vecchio e nuovo capitalismo: sporcizia e sudiciume – si pensi al colletto sporco del signore a cui Polly alla fine si concede – nonché l’osceno, il sessuale senza sforzo e il violento a viso scoperto. È la trattazione volgare di François Villon che reintroduce la caduta della civilizzazione nell’Opera da tre soldi. Essa trova la sua espressione più insistente nell’adattamento di Brecht della “Ballade de la grosse Margot” di Villon, la Ballata di Villon e la grassa Margot da cui nasce nell’Opera da tre soldi la “Ballata del macrò” tra Mac e Jenny. In essa viene ricordato un “tempo molto lontano” che presumibilmente “non era ancora così torbido come ora”, un tempo in cui la musica si intrufola al ritmo di un tango insinuante, prima che la miscela di sessualità senza fronzoli, violenza e sfruttamento prenda velocità in punti netti.

Jenny: “Qualche volta anch’io mi rivoltavo! / Gli chiedevo diretta come si azzardasse / e allora mi tirava certe sberle / che per guarirle ci voleva il medico”. La violenza – che non si ferma nemmeno di fronte ai confini corporei – con la simultanea familiarità intima con cui il rapporto di prostituzione è regolato, sfondano la facciata della decenza borghese, così come quella della trasfigurazione di presunti tempi passati migliori in cui ancora si conviveva in armonia. Eppure, rimane un briciolo di forza ed energia che se ne frega dell’etica protestante, della rinuncia agli istinti o del piacere secondario nel consumo.

<em>Ascesa e caduta della città di Mahagonny</em>, produzione Aix-en-Provence Festival in co-produzione con la Dutch National Opera, Metropolitan Opera e Opera Ballet Vlaanderen, 2019.
Ascesa e caduta della città di Mahagonny, produzione Aix-en-Provence Festival in co-produzione con la Dutch National Opera, Metropolitan Opera e Opera Ballet Vlaanderen, 2019.

In fondo non il minimo brandello di vela sistemata in direzione dell’utopia si collega alla brechtiana celebrazione della vita terrena che attraversa le poesie del Libro delle devozioni domestiche, ma anche Ascesa e caduta della città Mahagonny e l’Opera da tre soldi, come una parata dei perduti. “Non vi fate sedurre / da schiavitù e piaghe! / Che cosa vi può ancora spaventare? / Morite con tutte le bestie / e non c’è niente dopo”, finisce l’ultima poesia del Libro delle devozioni domestiche, Contro la seduzione. Mentre la poesia Grande corale di ringraziamento recita in chiusura: “Lodate il freddo, il buio e la rovina / guardate il cielo / non dipende da voi / e potete morire tranquilli”.

Si celebra qui una forza che deriva dal rifiuto di rimandare tutti i piaceri e le gioie a un’altra vita che si immagina migliore, e muove dall’accettazione della vita finita sotto il motto “Vivere, finalmente!”.

In Ascesa e caduta della città Mahagonny così come nell’Opera da tre soldi questo motto si manifesta nel momento di decadenza dell’amore. In Mahagonny nel duetto d’amore “Guarda quel grand’arco delle gru” tra Paul Ackermann e Jenny, nel mezzo dell’ora di punta nel bordello, alla fine si dice: “Voi chiedete, da quanto sono insieme? / Da poco / E quando si separeranno? / Presto / Così l’amore agli amanti sembra una sosta”. Nell’Opera da tre soldi il duetto d’amore di Polly e Mac finisce subito dopo l’indugio nostalgico sulla parola “amore” con la laconica constatazione: “L’amore dura o non dura / ora qui ora là”. In entrambi i duetti il dolore per la transitorietà dell’amore è compensato dall’annuncio di una felicità che trova piena soddisfazione nell’attimo vissuto senza il peso di un vincolo duraturo.

I ricordi del fugace, dell’effimero e del finito di cui sono cosparsi i testi di Brecht dispiegano qui una forza a-ideologica. Le ideologie rivendicano una durata senza tempo e una validità generale. I manifesti del “Vivere, finalmente!” sottraggono terreno a quest’affermazione. Il futuro comincia quando le promesse delle ideologie sono finite. In questo senso si intende la speranza quando in Mahagonny, in un corteo funebre cadenzato da forti colpi, il coro alla fine riconosce: “non potrai salvare né lui né alcuno”.

L’Opera da tre soldi finisce con il contrafactum di un corale nello stile di Händel:

Non v’accanite troppo sull’ingiustizia, presto
da sé nel proprio gelo sarà estinta.
Meditate la tenebra e l’inverno
di questa valle percossa dal pianto.

Di fronte a un ordine sociale nel complesso ingiusto, è difficile dire in singoli casi chi o cosa sia giusto oppure no, perché, come dice Peachum, “i calpestati calpesteranno di nuovo”. Comprensivo del giusto come dell’ingiusto resta il “grande freddo”. Esso non deriva dalla finitezza della vita, ma da un sistema in cui le persone, come canta Polly, si rendono “fredde e insensibili” finché la terra non diventa una valle biblica “percossa dal pianto”. L’Opera da tre soldi esprime il raffreddamento di tutti i sentimenti, la morte gelida del sentire e della compassione che con ciò le persone procurano a sé stesse e agli altri. Nel farlo sperimenta – andando oltre il mondo così com’è – il presentimento di una «società veramente liberata»10.

  1. Sull’americanismo come forma di vita culturale negli anni Venti cfr. Helmut Lethen, Neue Sachlichkeit 1924–1932. Studien zur Literatur des “Weißen Sozialismus”, Metzler, Stoccarda 1970.
  2. Cfr. Siegfried Kracauer, Die Angestellten, in Siegfried Kracauer, Schriften I Soziologie als Wissenschaft, Suhrkamp Verlag, Francoforte sul Meno 1971, pp. 205-304.
  3. Cfr. Max Weber, Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus, in «Archiv für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik» n. 20, 1904, pp. 1-54 e n. 21, 1905, pp. 1-110.
  4. Si vedano al riguardo gli interventi di Micha Braun e Ana Kugli “Die Weimarer Republik und Wir” al Großer Salon del Berliner Ensemble nel marzo 2021. Cfr. il sito dell’istituzione (ultimo accesso 1.IX.2021).
  5. Cfr. Ernst Bloch, Erbschaft dieser Zeit [1935], Suhrkamp, Francoforte sul Meno 1981.
  6. Cfr. Zygmunt Bauman, Retrotopia, Suhrkamp, Francoforte sul Meno 2017.
  7. Cfr. Theodor W. Adorno, Zur Dreigroschenoper [1929], in Id., Gesammelte Schriften Bd. 18, Musikalische Schriften V, cura di Rolf Tiedemann, Suhrkamp, Francoforte sul Meno 1984, pp. 535-540.
  8. Cfr. Herbert Marcuse, Triebstruktur und Gesellschaft. Ein philosophischer Beitrag zu Sigmund Freud, Suhrkamp, Francoforte sul Meno 1965.
  9. Theodor W. Adorno, Mahagonny, in Theodor W. Adorno, Gesammelte Schriften, Bd. 17, Musikalische Schriften IV, a cura di Rolf Tiedemann, Suhrkamp, Francoforte sul Meno 1982, pp. 115-122, qui p. 120.
  10. Ibidem.
Author

Günther Heeg è direttore del Centre of Competence for Theatre (CCT) e professore di Studi Teatrali presso l’Università di Lipsia, in Germania. È stato vice presidente dell’International Brecht Society (IBS) per diversi anni. Tra le principali pubblicazioni più recenti: Das Transkulturelle Theater (2017), pubblicato anche in lingua inglese con il titolo di Transcultural Theatre (2021); Recycling Brecht. Materialwert, Nachleben, Überleben (2018); Fremde spielen. Materialien zur Geschichte von Amateurtheater (co-autore, 2020).