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n°9 – April 21, Theater

Traveling to Solaris. A diary

Solaris regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021: Snow (Werner Waas), foto Federico Pitto.

This article is only accessible in Italian

ABSTRACT

Last 9th April 2021 the Teatro Modena in Genoa staged Solaris, Andrea De Rosa's production of David Greig's adaptation based on Stanisłav Lem's novel (1961). As the designer of the lighting project, I propose some notes from the notebook that accompanied the production. The light conceived for the performance stems from Lem's novel, which, unlike its various theatrical and cinematographic translations, presents a visual vertigo in describing the conditions of life of the planet Solaris, offering the observer the spectacle produced by the dynamism of its eccentric orbit: an eight (8) form around its two suns. Two stars of such different nuclear composition, so that one emits warm reddish light, the other cold bluish light. I believe that Lem’s aim in these descriptions is to give the measure of a human experience that becomes aware of the loss of its own self as a point of reference in the universe, also because of the light instability. Hooked to the anomalous orbit of a planet that interacts in its inhuman totality with the enormous physical forces involved, light plays a decisive role in encircling human individuality and triggering its capacity for self-analysis and reflection. The stage light is physically generated by a large circular screen, made up of light-emitting diodes, whose native white of 6500K constitutes the "key" on which the other light instruments I have arranged in the space are tuned. This big eye is crossed by the sunsets and dawns reflected by the surface of Solaris' ocean and occasionally becomes a projector itself, as a sun enters the frame placing itself on the axis of our gaze. The main visual game of the performance is linked to the double status of this object, including the neverending challenge between Red and Blue.

*contribution to the discussion

15 Ottobre 2020

So che è strano, affrontare la luce a partire non dalle cose della scena ma dalle parole, dalle parole scritte di un romanzo in attesa di trasformarsi in teatro, in spazio, in messinscena.
È quanto mi accingo a fare affrontando con i miei compagni di viaggio le parole della traduzione dal russo di Vera Verdiani del romanzo di Lem e andando incontro a quelle con cui Monica Capuani traduce l’inglese dell’adattamento per il teatro di David Greig1.
Ho visto il film di Tarkovskij, ho visto il film di Soderberg, che raccontano questa stessa storia e mi è rimasto il desiderio di provare a entrare nella luce delle parole di Lem. Il desiderio di dare luogo, far seguire la luce dal testo.

Dal risvolto di copertina dell’edizione Sellerio 2013:

Siamo nel lembo più estremo dell’universo esplorato dal genere umano.
Un astronauta, dalla Terra, approda nella stazione spaziale che gira intorno al pianeta Solaris. Qui trova un’atmosfera di mistero e sospetto: nessuno lo accoglie, i pochi ospiti dell’astronave sembrano angosciati e sopraffatti, c’è un morto recente a cui si allude con circospezione ma senza sorpresa, gli oggetti subiscono strane deformazioni, si avvertono presenze. Solaris è noto agli umani come il grande pianeta “vivente”. Appare in forma di vasto oceano e avrebbe dovuto conflagrare se la sua orbita avesse seguito le leggi della fisica. Ma è come dotato di capacità cosciente di reazione e questa capacità sembra legata alle apparizioni di fantasmi, proiezioni viventi di incubi, sogni e fantasie.
L’astronauta è costretto a interrogarsi, mentre lo contagia la stessa angoscia che domina in tutto l’ambiente. Sul mistero della morte del compagno, innanzitutto. Ma questo lo spinge verso maggiori enigmi da svelare: se Solaris ha una propria vita, e che tipo alternativo di forma di vita; se le “apparizioni” hanno una qualche spiegazione accessibile; se tutta questa attività ha un fine, in qualche modo legato ai destini esistenziali degli umani2.

Se tutta questa attività ha un fine…Queste le parole che mi tornano in mente ripensando all’enorme sforzo descrittivo che Lem intraprende delle condizioni esistenziali di questo pianeta, dello spettacolo che offre all’osservatore che si accompagna alla sua eccentrica orbita.
Descrizioni che accompagnano la lettura dalla prima all’ultima pagina e  di cui non c’è quasi traccia nelle creazioni cinematografiche di Soderberg e Tarkovskij.
Sento che le ragioni di questa omissione, entreranno con forza a far parte del modo in cui racconteremo questa storia in termini visivi e nell’atteggiamento da tenere nei confronti della seduzione delle parole di Lem.

16 Ottobre

Dall’adattamento di Greig:

Gibarian: È la doppia orbita, Kris − è come il pianeta disegna la figura di un otto intorno ai due soli − non dovrebbe funzionare − le leggi della fisica ci dicono che il pianeta dovrebbe oscillare e schiantarsi − ma non devia − mai.
Gira e continua a girare come un orologio.
È stato Snow a capirlo − Ha monitorato il movimento dell’acqua sulla superficie e ci siamo resi conto che sono le maree. Solaris sposta il peso e guida sé stesso come un bambino che va in bicicletta, sentendo.

Stranamente questa informazione circa il tracciato delle orbite di Solaris viene dall’adattamento teatrale e non dal romanzo: sembra che l’autore abbia provato a trarre le conseguenze “astronomiche” dalle informazioni presenti nel testo di Lem circa il fatto che il pianeta orbita intorno a ben due soli, due stelle dalla composizione nucleare così diversa da emettere l’uno luce calda, tendente al rosso, l’altro luce fredda, tendente al blu.
E il protagonista del romanzo si chiama Kris Kelvin, mutuando il cognome da quello del fisico inglese3 autore della scala delle “temperature colore” le cui grandezze utilizziamo tuttora nelle varie applicazioni illuminotecniche e in fotografia.

18 Ottobre

A che punto è la notte?
In un pianeta con due soli, mi sono chiesto, ci sarà mai il buio della notte?
Allora ho provato a disegnare le strane orbite che il pianeta potrebbe percorrere allontanandosi e avvicinandosi all’uno e all’altro sole in virtù di una ipotetica diversa massa delle due stelle e della capacità di governare le maree del proprio oceano viscoso per utilizzare il diverso potere di attrazione gravitazionale di quelle.

Pasquale Mari, disegno schema orbitale, progetto per <em>Solaris</em>, regia di Andrea De Rosa, 2021.
Pasquale Mari, disegno schema orbitale, progetto per Solaris, regia di Andrea De Rosa, 2021.

Mi avvicino sempre agli spazi delle scene teatrali ridisegnando a matita sulla carta, spesso millimetrata, le coordinate basilari del progetto scenografico. In questo caso il progetto non c’è ancora, o meglio si sta definendo in questi giorni, ma il luogo della messinscena sarà inevitabilmente quello dell’astronave che a sua volta ruota intorno a Solaris che orbita intorno ai suoi due soli. Come nel romanzo, come nei film, come nell’adattamento teatrale. Quindi mi pongo la questione preliminare di come la luce possa manifestarsi e variare sulla nostra scena.

A prescindere dal movimento di rivoluzione intorno al proprio asse, quello che sulla terra ci regala il ciclo dell’alternarsi del giorno con la notte, e della velocità di questo movimento, le uniche possibilità di notte su Solaris sono quelle nell’emisfero nascosto al sole nelle posizioni 1 e 7 del mio disegno. In quelle ore, se la navicella si troverà a sorvolare l’emisfero in ombra del pianeta, anche per gli astronauti a bordo sarà notte. 

Immaginando, per semplificare, un movimento molto lento di Solaris intorno al proprio asse, mentre il pianeta si sposta dalla posizione 1 alla posizione 2 sull’orbita, in quello stesso emisfero, uscendo dal cono d’ombra generato dal sole blu (identificato dalla lettera B), si assisterebbe progressivamente all’alba del sole rosso (lettera R).

Ho indicato le situazioni di luce nei due emisferi, nelle varie posizioni del percorso orbitale con:

AR = alba rossa; AB = alba blu; GB = giorno blu; GR = giorno rosso; TR = tramonto rosso; TB = tramonto blu; N = notte.

19 Ottobre

Su Solaris ci sono giorni rossi e giorni blu.

Procedendo verso la posizione 2 del mio schema, ruotando su se stesso e intorno al sole blu, l’emisfero diurno del pianeta esce dal cono d’ombra della stella più vicina e comincia progressivamente a ricevere i raggi dell’altro sole, dando luogo ad un’alba e a un tramonto contemporanei e liberando l’immaginazione lisergica di Lem:

Verso la fine del secondo giorno ci trovavamo talmente vicini al polo che, mentre il disco del sole azzurro spariva quasi interamente sotto l’orizzonte, dal lato opposto un turgore di nubi scarlatte annunciava già il levarsi del sole rosso. Nella nera immensità dell’oceano e nel cielo deserto sopra di esso dilagava una lotta, accecante per la sua intensità, tra violenti colori dagli infuocati riflessi metallici di un verde velenoso, e cupe, smorzate fiamme sanguigne; e l’oceano stesso era striato dai violenti incendi dei due dischi contrapposti, l’uno mercuriale, l’altro scarlatto4.

Questo passaggio, proveniente dalla parte conclusiva del libro, all’inizio di un capitolo intitolato I sogni, è tra i tanti che nel corso del romanzo chiamano il lettore a cercare di mettersi nella pelle e negli occhi del protagonista e a sottoporsi allo stress psicofisico di un tale ripetersi di fenomeni luminosi così straordinari da togliere il fiato, da togliere la concentrazione a quelli che sono pur sempre degli scienziati in missione, continuamente sul punto di perdersi di fronte alla potenza dello spettacolo visivo. Immaginate notti di sole tre ore (come apprendiamo in un altro punto del libro) ed albe e tramonti multipli e combinati a giorni dove tutte le tinte risultano fredde con altri in cui non c’è altro che giallo e arancio e rosso intorno a voi. Se sulla terra, pur indaffarati ci fermiamo incantati a guardare un’alba o un tramonto, su Solaris non potremmo fare un passo, rapiti per sempre dall’incanto cosmico.

Credo che Lem insista tanto in queste descrizioni per dare la misura di un’esperienza umana che anche a causa dell’instabilità luminosa diventa consapevole della perdita del proprio sé come punto di riferimento nell’universo, agganciato com’è all’orbita folle di un pianeta il cui corpo interagisce nella sua totalità disumana con le enormi forze fisiche in campo. La luce in questa storia è strumento decisivo nell’accerchiare l’individualità umana e nell’innescare la sua capacita di autoanalisi e riflessione.

8 Marzo 2021

Lettera a Luca Casanova (D-WOK) che sta estraendo ed elaborando i materiali video della stazione spaziale orbitante (ISS) che Andrea De Rosa ha selezionato dalle fonti di pubblico dominio messe a disposizione dalla ESA/NASA.

− ALBA – è un buon esempio di partenza per un giorno blu,
di cui − nuvole_MARE − può essere la continuazione.

Immagine da materiali video della stazione spaziale orbitante (ISS) selezionati da Andrea De Rosa (fonti di pubblico dominio messe a disposizione da ESA/NASA).
Immagine da materiali video della stazione spaziale orbitante (ISS) selezionati da Andrea De Rosa (fonti di pubblico dominio messe a disposizione da ESA/NASA).
(Sopra) Alba; (sotto) Nuvole-Mare. Immagini da materiali video della stazione spaziale orbitante (ISS) selezionati da Andrea De Rosa (fonti di pubblico dominio messe a disposizione da ESA/NASA).

Il bianco è abbacinante e già virato di azzurro, l’orizzonte è anch’esso dominato da una linea continua di colore azzurro intenso.
Il sole sorgente di – ALBA − potrebbe essere innaturalmente
colorato di blu all’orizzonte fino a  sbiancare e impossessarsi violentemente del fotogramma contornato di flare vari e poi uscire di campo in alto illuminando l’oceano di acqua e nuvole della clip – ALBA − e poi di −nuvole_MARE.

Come incendiata dall’alto la tenda rosa fiammeggiava attraversata da un’incandescente linea di FUOCO BLUASTRO dilagante a vista d’occhio. Scostai la stoffa e un insostenibile bagliore, esteso su un terzo dell’orizzonte, mi ferì la vista. Negli avvallamenti tra le onde un ammasso di lunghe ombre spettrali correva verso la Stazione. ERA L’ALBA. Dopo una notte della durata di un’ora, nella zona in cui si trovava la Stazione stava sorgendo il secondo sole del pianeta, quello azzurro5.

LUNARE potrebbe essere materiale per la notte seguente un Giorno Rosso.

Immagine da materiali video della stazione spaziale orbitante (ISS) selezionati da Andrea De Rosa (fonti di pubblico dominio messe a disposizione da ESA/NASA).
Lunare. Immagine da materiali video della stazione spaziale orbitante (ISS) selezionati da Andrea De Rosa (fonti di pubblico dominio messe a disposizione da ESA/NASA).

Significativamente sull’orizzonte è presente una sottile linea rossa (che potrebbe essere intensificata e ispessita) e l’aspetto dell’oceano ricorda questo passaggio di p. 115: «il sole rosso era già sparito sotto l’orizzonte e i cavalloni criniti si erano fusi in un deserto color inchiostro. Il cielo fiammeggiava.

[Prendere esempio dall’aurora boreale?]

Sullo sfondo rosso−nero di quel cupo paesaggio scorrevano nuvole orlate di viola».

Altre suggestioni dal romanzo applicabili a materiali come − NEBBIA_NUVOLE e − NUVOLE_SPESSE_TERRE_EMERSE:

Immagine da materiali video della stazione spaziale orbitante (ISS) selezionati da Andrea De Rosa (fonti di pubblico dominio messe a disposizione da ESA/NASA).
Nebbia-Nuvole. Immagine da materiali video della stazione spaziale orbitante (ISS) selezionati da Andrea De Rosa (fonti di pubblico dominio messe a disposizione da ESA/NASA).
Immagine da materiali video della stazione spaziale orbitante (ISS) selezionati da Andrea De Rosa (fonti di pubblico dominio messe a disposizione da ESA/NASA).
Nuvole. Immagine da materiali video della stazione spaziale orbitante (ISS) selezionati da Andrea De Rosa (fonti di pubblico dominio messe a disposizione da ESA/NASA).

Visto dall’alto il mimoide somigliava a una città: ma si trattava solo di un’illusione dovuta all’istintiva ricerca di una qualche analogia con le cose conosciute dall’uomo. Quando il cielo era limpido, tutte le stratificazioni a più piani e i pinnacoli che le sormontavano erano avvolti da uno strato di aria calda che creava un apparente dondolio e un flettersi di quelle forme già di per sé difficili da definire. La prima nuvola che attraversava l’azzurro (parlo di azzurro per forza di abitudine, visto che qui l’“azzurro” era color ruggine nei giorni rossi e sinistramente bianco nei giorni azzurri) provocava un’immediata reazione6.

Senza voler seguire alla lettera il testo di Lem, trovo che queste descrizioni possano aiutare a trovare strade non scontate nella colorimetria, trasformando i materiali esistenti.

Altrettanto importante dare carattere alle albe e ai giorni rossi.

Alcune descrizioni: «L’alba rossa fiammeggiava dietro i vetri dividendo la stanza in due parti. Noi ci trovavamo nella zona bluastra, oltre la quale tutto sembrava fatto di rame»7.

E

«Attraverso la rossa parete dei raggi solari uscii nel corridoio che per contrasto, e malgrado l’illuminazione artificiale, sembrava quasi nero»8.

E

Le alte finestre del corridoio superiore erano invase da un tramonto di particolare bellezza. Invece del solito turgido rosso, sfoderava tutte le sfumature di un rosa luminosamente velato e quasi tempestato da un minuscolo pulviscolo argenteo. I grevi e informi avvallamenti neri dell’immenso oceano sembravano rispondere a quel dolce chiarore spandendo un morbido  riflesso bruno-violaceo. Solo allo zenit il cielo era ancora intensamente tinto di ruggine9.

Questo per dire che quello che vediamo nel nostro oblò può raggiungere picchi di intensità  luminosa e saturazioni che si rifletteranno nella luce che faremo in scena sia quando sceglieremo una strada più realistica e “terrestre” sia quando andremo in una direzione più lisergica. In tutti i casi dal mio punto di vista i protagonisti sono i Soli che quando sono in campo possono generare la luce di scena (l’oblò che si comporta quasi come un faro) e quando tramontano illuminarla del loro riverbero, nel seguirsi innaturale del giorno con la notte che droga la vita degli uomini che orbitano intorno a Solaris.

Verso la fine del secondo giorno ci trovavamo talmente vicini al polo che, mentre il disco del sole azzurro spariva quasi interamente all’orizzonte, dal lato opposto un turgore di nubi scarlatte annunciava già il levarsi del sole rosso10.

E infine, a proposito delle aurore boreali:

Immagine da materiali video della stazione spaziale orbitante (ISS) selezionati da Andrea De Rosa (fonti di pubblico dominio messe a disposizione da ESA/NASA).
Aurora boreale. Immagine da materiali video della stazione spaziale orbitante (ISS) selezionati da Andrea De Rosa (fonti di pubblico dominio messe a disposizione da ESA/NASA).

«La notte seguente, circa un’ora prima del sorgere del sole azzurro fummo testimoni di un altro fenomeno: l’oceano divenne fosforescente. Sulla superficie invisibile nell’oscurità, qua e là apparvero all’improvviso delle macchie di luce o meglio, di un chiarore biancastro e sbavato, dondolanti al ritmo delle onde. Confluirono e si sparpagliarono finché la spettrale luminescenza si estese fino all’orizzonte. […] Giunta a toccare l’orizzonte, divenne simile a un’immensa aurora boreale e sparì di colpo»11.

Allego infine le immagini a confronto della Cometa Holmes e del Sole come possibili riferimenti per i nostri Sole Blu e Sole Rosso.

Cometa Holmes e sole (fonte ESA/NASA).
Cometa Holmes e sole (fonte ESA/NASA).

15 Marzo 2021

Primo giorno in teatro e luna nuova.
Guardo sempre verso il cielo all’inizio di un nuovo lavoro.
E questa volta la coincidenza con l’inizio della fase lunare crescente mi sembra particolarmente di buon auspicio vista l’influenza che ha la gravità interstellare in questa storia.

Arrivo al mattino prima dell’orario di inizio dell’allestimento luci e trovo la sala semibuia, nella quale la pedana inclinata della scena e il grande oblò circolare su di essa sospeso emergono a malapena, nere nel nero.
Mi tolgo le scarpe e tento qualche passo sul forte declivio in salita.
Ne vengo subito respinto, scivolando giù sul lucido tappeto plastico che ricopre la pedana: non si mette piede impreparati nello “Spazio”.
Quando arriva la luce constato che è davvero tutto nero, come calato nel petrolio e poi messo ad asciugare, pedana, cornice dell’oblò, moquette dove la pedana tocca il pavimento in platea, oggetti e luci di scena che arredano le “stanze” dei tre astronauti che condivideranno lo spazio più prossimo al pubblico.

6 Aprile 2021

L’attività di estrazione dello spazio dal “buco nero” in cui mi sono trovato il 15 Marzo ha raggiunto il suo livello quasi definitivo di elaborazione a partire dal buco reale di 3,70mt. di diametro, grande botola al centro della scena, cui fa da tappo uno schermo circolare di circonferenza leggermente maggiore formato da 32 mattonelle led di 50cm. di lato che stanno rivolte a faccia in giù su di esso a inizio spettacolo.
Quando questo si solleva, sembra risucchiare la nostra Kelvin alla visibilità fermandosi a mezz’aria sulla sua testa, con la faccia dei led ora rivolta agli spettatori che mostra un sole affacciarsi oltre l’orizzonte curvo e diventando da quel momento la finestra della stazione orbitante che accoglie i primi passi incerti della nuova arrivata: l’inclinazione della pedana di scena supera il 20%…

Pasquale Mari, Pianta dell’allestimento di <em>Solaris</em> al Teatro Modena di Genova, con Rilievo-Assonometria (i colori presenti in tavola servono ad evidenziare le diverse superfici e non corrispondono a quelli della realizzazione scenica). Disegno: Gianni Grasso, capo elettricista e operatore alla consolle luci.
Pasquale Mari, Pianta dell’allestimento di Solaris al Teatro Modena di Genova, con Rilievo-Assonometria (i colori presenti in tavola servono ad evidenziare le diverse superfici e non corrispondono a quelli della realizzazione scenica). Disegno: Gianni Grasso, capo elettricista e operatore alla consolle luci.
Teatro Nazionale di Napoli, Teatro Mercadante, pianta scala 1:100. SOLARIS | PROGETTO SCENOGRAFICO SIMONE MANNINO © 2020.
Teatro Nazionale di Napoli, Teatro Mercadante, pianta scala 1:100. SOLARIS | PROGETTO SCENOGRAFICO SIMONE MANNINO © 2020.
Teatro Nazionale di Napoli, Teatro Mercadante, prospetto scala 1:100. SOLARIS | PROGETTO SCENOGRAFICO SIMONE MANNINO © 2020.
Teatro Nazionale di Napoli, Teatro Mercadante, prospetto scala 1:100. SOLARIS | PROGETTO SCENOGRAFICO SIMONE MANNINO © 2020.

La luce di scena è fisicamente generata da questo grande schermo circolare di 10.752 diodi luminosi su una superficie di 6,15 mq. il cui bianco nativo di 6500K costituisce la “chiave” cui si accordano gli strumenti di luce che ho disposto nello spazio; tutti tranne i pannelli di piccoli “fornelli” di luce a incandescenza che arredano le stanze degli astronauti già presenti in scena “scaldando” la platea di luce dorata testimone della nostalgia terrestre per la luce della fiamma delle candele.
La situazione permanente cui si abitua presto l’occhio di chi guarda è quella di controluce, dominata com’è dal grande schermo che gioca col nero dello sfondo a farsi lente trasparente o luce che abbaglia.
È il buco che cerco sempre nell’oscurità dello spazio teatrale per guardare oltre i limiti dell’edificio e aprirlo alla luce di fuori, alla luce del mondo.
Serve a mostrare albe e tramonti ricorrenti sull’oceano di Solaris, eclissi, giorni e notti, ma anche diventa esso stesso proiettore, quando un sole si impossessa del campo visivo mettendosi in asse del nostro sguardo.
Sul doppio statuto di quest’oggetto si gioca tutta la partita visiva dello spettacolo, anche la “resa dei conti” tra il Rosso e il Blu.
Ci abbiamo girato intorno con Andrea, il capo di questa missione, io a difendere il dettato e le suggestioni di Lem, lui la ragione e la misura che si è instaurata sul palcoscenico nei giorni di corpo a corpo tra lui, gli attori, i personaggi, la drammaturgia.
Il nostro Snow (lo Snaut del romanzo) accogliendo Kelvin sull’astronave le dice: «È fortunata, oggi è un giorno buono, un giorno rosso». E io attribuirei ad un malsano bianco-blu la minaccia, al nocivo ultravioletto la nota cromatica del crescendo che porta i personaggi verso le loro scelte. Ma devo arrendermi al fatto che l’ultravioletto è invisibile…
Proviamo i viraggi al rosso e al blu delle sequenze video, lavorate a partire sempre dalle immagini reali, che abbiamo estratto da ore e ore di filmati provenienti dalla stazione spaziale orbitante ISS, e ci accorgiamo che sono l’azzurro e il blu la nota dominante delle immagini di quella Terra che cerchiamo di trasformare nel pianeta Solaris della nostra storia. La situazione stabile e rassicurante è quella blu…
E sarà rossa allora la luce che si impadronirà dello schermo quando da lente si trasformerà lui stesso in astro elettronico sospeso sulla scena.
Di un rosso come quello proveniente dalla morte di una stella, non caldo, non dorato, non ambrato, che tra le nostre mani si traduce nel segnale di colore di un mezzo della visione che ha perso il suo equilibrio e il suo bilanciamento. Rosso, il colore che uccide tutti gli altri colori e spopola la scena dei suoi abitanti; ma non di Kelvin, che sceglie di restare e continuare la sua ricerca di contatto col pianeta intelligente, di vedere cosa c’è oltre il rosso.

<em>Solaris</em> regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021: Snow (Werner Waas), foto Federico Pitto.
Solaris regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021. Snow (Werner Waas), foto Federico Pitto.
<em>Solaris</em> regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021: Kris Kelvin (Federica Rosellini), foto Federico Pitto.
Solaris regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021. Kris Kelvin (Federica Rosellini), foto Federico Pitto.
<em>Solaris</em> regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021: Kris Kelvin (Federica Rosellini), foto Federico Pitto.
Solaris regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021. Kris Kelvin (Federica Rosellini), foto Federico Pitto.
<em>Solaris</em> regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021: Kris Kelvin (Federica Rosellini), foto Federico Pitto.
Solaris regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021. Kris Kelvin (Federica Rosellini), foto Federico Pitto.
<em>Solaris</em> regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021. Ray (Giulia Mazzarino) e Kelvin (Federica Rosellini), foto Federico Pitto.
Solaris regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021. Ray (Giulia Mazzarino) e Kelvin (Federica Rosellini), foto Federico Pitto.
<em>Solaris</em> regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021. Ray (Giulia Mazzarino) e Kelvin (Federica Rosellini), Sartorius (Sandra Toffolatti), foto Federico Pitto.
Solaris regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021. Ray (Giulia Mazzarino) e Kelvin (Federica Rosellini), Sartorius (Sandra Toffolatti), foto Federico Pitto.
<em>Solaris</em> regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021. Ray (Giulia Mazzarino) e Kelvin (Federica Rosellini), foto Federico Pitto.
Solaris regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021. Ray (Giulia Mazzarino) e Kelvin (Federica Rosellini), foto Federico Pitto.
<em>Solaris</em> regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021. Kelvin (Federica Rosellini), Gibarian (Umberto Orsini), in video; foto Federico Pitto.
Solaris regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021. Kelvin (Federica Rosellini), Gibarian (Umberto Orsini), in video; foto Federico Pitto.
<em>Solaris</em> regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021. Ray (Giulia Mazzarino) e Kelvin (Federica Rosellini), foto Federico Pitto.
Solaris regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021. Ray (Giulia Mazzarino) e Kelvin (Federica Rosellini), foto Federico Pitto.
<em>Solaris</em> regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021. Ray (Giulia Mazzarino) e Kelvin (Federica Rosellini), Sartorius (Sandra Toffolatti), foto Federico Pitto.
Solaris regia Andrea De Rosa, luci e fotografia Pasquale Mari, 2021. Ray (Giulia Mazzarino) e Kelvin (Federica Rosellini), Sartorius (Sandra Toffolatti), foto Federico Pitto.
  1. Solaris, di David Grieg da Stanisłav Lem, traduzione di Monica Capuani, regia di Andrea De Rosa, con Federica Rosellini, Giulia Mazzarino, Sandra Toffolatti, Werner Waas e Umberto Orsini (in video); progetto sonoro G.U.P Alcaro, scena e costumi Simone Mannino; luci e fotografia Pasquale Mari; video D-WOK; capo elettricista e operatore alla consolle luci Gianni Grasso. Produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro di Napoli, Teatro Nazionale. (Rispetto al romanzo, Grieg modifica il nome di Snaut in Snow, Harey in Ray; il personaggio di Sartorius diventa femminile; Kris Kelvin è una donna e Ray un uomo. Nell’adattamento di Andrea De Rosa la coppia Kelvin/Ray è ulteriormente tradotta al femminile e interpretata da due attrici).
  2. Stanisłav Lem, Solaris, a cura di Francesco M. Cataluccio, tr. it. di Vera Verdiani, Sellerio, Palermo 2013.
  3. Lord Kelvin: William Thomson, poi barone di Kelvin (1824-1907).
  4. Stanisłav Lem, Solaris, cit., pp. 259-260.
  5. Stanisłav Lem, Solaris, cit., p. 44.
  6. Stanisłav Lem, Solaris, cit., pp. 166-167.
  7. Ivi, p. 217.
  8. Ivi, p. 218.
  9. Ivi, pp. 240-241.
  10. Ivi, p. 259.
  11. Stanisłav Lem, Solaris, cit., p. 268.
Author

La ricerca di Pasquale Mari dedicata all'immagine si svolge sul confine tra cinema e teatro fin dalla fondazione, a Napoli nel 1979, della compagnia Falso Movimento e poi, nel 1986, di Teatri Uniti, insieme ai registi Mario Martone e Toni Servillo. In ambito teatrale è frequente collaboratore di Andrea De Rosa, con il quale ha realizzato, tra gli altri, Molly Sweeney (2017), Baccanti (2018), Satyricon (2019), e recentemente Solaris, adattamento teatrale di David Greig dal testo di Stanisłav Lem. Tra i lavori più recenti di teatro musicale, per le regie di Martone il dittico Sancta Susanna/Cavalleria Rusticana all’Opera Bastille (2016), Andrea Chénier per l’inaugurazione 2017 del Teatro alla Scala, Falstaff per la Staatsoper Berlin, diretto da Daniel Barenboim (2018), Kovanchina al Teatro alla Scala (2019, premio Abbiati 2020 come miglior produzione lirica), diretta da Valeri Gergev. Nel 2021 è stato direttore della fotografia per le produzioni broadcast di Opera di Roma/Rai Cultura, del Barbiere di Siviglia (premio Abbiati 2021) e di La Traviata, entrambe con la regia di Mario Martone. Tra i suoi lavori di cinematografia: Il verificatore (1995) di Stefano Incerti (David di Donatello opera prima), Il bagno turco (1996) e Le Fate Ignoranti (2001) di Ferzan Ozpetek, Teatro di Guerra (1999) di Mario Martone, L’uomo in più (2001) di Paolo Sorrentino; L’Ora di religione (Cannes 2002), Buongiorno, Notte (Venezia 2005) e Il regista di matrimoni (Cannes 2006) di Marco Bellocchio, Globo d’Oro alla fotografia. Dal 2016 è titolare dell’insegnamento di Progetto Luci presso l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma e tiene regolarmente incontri e workshop presso le Università di Padova, di Parma e all’Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa di Napoli.