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n°10 – October 21

Opera and ideologies

Fuga dall'Afghanistan, ottobre 2021.

This article is only accessible in Italian

Arrivati al decimo numero di Sciami|ricerche (webzine autoprodotta) ci interroghiamo sul senso del nostro fare e ripercorriamo le urgenze che avevano dato avvio alla webzine come parte del network Sciami, per verificarne la loro persistente attualità.

Nel primo numero dichiaravamo con chiarezza le motivazioni:
– «minare scovare stanare gli stereotipi, le opinioni che rispecchiano le mode, il pensiero dominante, perseguendo una vocazione “minore” e fisiologicamente “contro”: il potere, la gerarchizzazione, la verticalizzazione, il dominio del sapere amministrativo-burocratico, le opposizioni binarie, le alternative forzate, il principio di realtà…»;
– praticare come territori affettivi e cognitivi «le zone liminali, le terre di nessuno, […] la saggezza dell’incertezza, l’avventurarsi per sentieri non segnati dalle mappe» per individuare, citando Peter Handke, «le tracce degli smarriti»;
– dare spazio alle ricerche di giovani studiose e studiosi e di artiste e artisti che prendono posizione e vivono la difficoltà obiettiva di collocare la propria speculazione e sperimentazione nel contesto in cui vivono e agiscono;
– rinsaldare attraverso l’attività della webzine le relazioni e il dialogo in campo internazionale e nazionale1.

Questi quattro punti tracciavano pragmaticamente e affettivamente i nostri intenti.

Di fronte alle catastrofi del mondo in cui viviamo (le migliaia di persone uccise in Afghanistan, la crisi pandemica mondiale, i disastri ecologici…) non siamo indifferenti.

Le arti performative – il territorio in cui operiamo con Sciami|ricerche – è un campo in cui sociale e artistico condividono uno spazio, in cui una collettività si ritrova insieme in una esperienza percettiva, acustica, visuale, tattile. Se è vero l’assunto di Walter Benjamin che le nuove “innervazioni collettive” degli organi sensoriali possono dischiudere processi di liberazione potentissimi – a partire dalla preminenza della cooperazione, dell’orizzontalità, delle connessioni –, allora l’azione artistica performativa può mettere in atto una pratica collettiva che scardina (o afferma) apparati e ideologie, a condizione che drammaturgie artistiche e politiche si alimentino reciprocamente e interagiscano. Per ideologie si intende – secondo il dizionario Treccani – concetti e credenze religiose, filosofiche, politiche e morali che orientano i comportamenti e i giudizi di un gruppo sociale nelle epoche storiche. Fino al secolo scorso costituivano la base politica dei partiti – come è stato per il marxismo, mentre nel Nuovo Millennio il dissenso si è trasformato in una forma di resistenza, che significa essenzialmente manifestare tendenze controegemoniche all’interno del sistema dominante. E allora, come si pone il rapporto fra ideologie e produzione artistica in questo ultimo decennio? Le battaglie dei movimenti ecologisti, anticolonialisti, femministi, transgender, portano nella pratica artistica una ricerca di nuove forme espressive, trasformano i modi di pensare e fare arte, mettono in discussione funzioni e ruoli sociali dell’artista? A quali condizioni la pratica artistica si dà anche come pratica sociale e politica? Fare teatro crea spazi di soggettività e agisce nella realtà sociale?

 I saggi inclusi in questo numero riflettono sulle pratiche performative e mettono in luce la loro dimensione pragmatica. Nel saggio di Giulia Palladini l’evento performativo è indagato «come una tecnica che propone modi di vivere e di lavorare insieme, non (solo) in termini di consenso democratico, piuttosto in termini di prossimità, organizzazione di sussistenza materiale e di modi di abitare, nel tempo e nello spazio». Nel contributo di Anna Serlenga si «intrecciano la dimensione estetica a quella della rivendicazione politica», «le esperienze nate in seno all’attivismo transfemminista queer in Tunisia […]: la centralità del corpo come campo di battaglia e spazio di resistenza e negoziazione, l’invasione e risignificazione dello spazio pubblico attraverso le pratiche performative e, infine, il desiderio come motore di cambiamento politico e innovazione dirompente». Il saggio di Günther Heeg analizza L’Opera da tre soldi di Bertolt Brecht e Kurt Weill nella prospettiva dei conflitti economici e culturali che il capitalismo produce. Lo sguardo fotografico di Agnese De Donato, indagato da Giada Cipollone, coniuga l’istanza antagonista del femminismo, che potenzia una nuova “rappresentanza” dell’identità femminile, con quella antimimetica della scena sperimentale, «che rifiuta il rispecchiamento della messinscena, del linguaggio e del repertorio e si produce in un impegno radicale di liberazione delle pratiche e dei corpi». Il contributo di Emanuele Di Leone, in dialogo con l’artista Luigi Viola porta in evidenza il nesso fra performance, poesia visiva e pratiche videografiche nell’attività della galleria Il Cavallino di Venezia. L’Atlante Iconografico, a cura di Dalila D’Amico e Daniele Vergni, disegna una mappa «di luoghi di produzione, luoghi di fruizione, luoghi transitori di creazione, luoghi di condivisione di pratiche e pensieri, luoghi di soggettivazione espressiva e politica». Rilevante – nella prospettiva di resistenza al pensiero dominante negli studi sulle arti performative lo studio di Mauro Petruzziello sulle drammaturgie sonore che fa uso di strumenti ermeneutici spesso non presi in considerazione, come il pop o la metafonia. Anche l’indagine condotta da Daniele Vergni sulle conferenze e le discussioni come formati specifici della Performance art negli anni Settanta affronta un terreno a oggi non indagato: la discussione tautologica, la conferenza didattica, la conferenza-test mixed media e quella puramente mediale, la discussione come puro dibattito. L’attraversare questo numero di Sciami|ricerche si offre come pratica «del nostro quotidiano agire entro la dimensione estetica»2.

  1. Cfr. Valentina Valentini, Intenti, in «Sciami|ricerche», n. 1, aprile 2017 (ultimo accesso 10.X.2021).
  2. Dall’introduzione a «Sciami|ricerche» n.9, Sentire Luce, a cura di Cristina Grazioli, aprile 2021.
Author

Full professor of Performance Studies and New Media in the Performing Arts Department of the Università "La Sapienza" in Rome, the city's principal university, where she serves as Director of the Centro Teatro Ateneo, a research center on performing arts.